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ARSACE Eccomi alfine in Babilonia. È questo Di Belo il tempio. - Qual silenzio augusto Più venerando ancor rende il soggiorno Della divinità ! - Quale nel seno A me, guerrier, nudrito Fra l'Orror delle pugne, ora si desta, Del Nume formidabile all'aspetto, Insolito terror, sacro rispetto! - E da me questo Nume Che può voler? Morendo il genitore Qui m'inviò: segreto Cenno di Semiramide mi chiama Rapido alla sua reggia... ed anelante Ad Azema, al suo ben l'ardente core Qui volava sull'ali dell'amore. Ah! quel giorno ognor rammento Di mia gloria e di contento, Che fra' barbari potei Vita e onore a lei serbar. L'involava in queste braccia Al suo vile rapitore; Io sentìa contro il mio core Il suo core palpitar. Schiuse il ciglio, mi guardò... Mi sorrise... sospirò... Oh! come da quel dì Tutto per me cangiò! Quel guardo mi rapì, Quest'anima avvampò: Il Ciel per me s'aprì, Amore m'animò... D'Azema e di quel dì Scordarmi io mai saprò. Ministri, al gran Pontefice annunziate Il figlio di Fradate.